STUDIO APPROFONDITO SULLE FONTI STORICHE E LORO POSSIBILE INTERPRETAZIONE PER L’EVENTUALE RICOSTRUZIONE DELLA LIRA DA
BRACCIO CHE LEONARDO DA VINCI  DONO’ AL
GRANDUCA DI MILANO.

Progetto di massima con disegno in pianta di una lira che
riproponga uno strumento comparabile a quello di Leonardo.

In tutta onestà devo ammettere a dispetto di quello che è il pensiero comune che di Leonardo da Vinci ammiro più che altro le opere pittoriche. Secondo me è inarrivabile la maniera con cui sfuma i colori e rende le espressioni dei volti, addirittura insuperabile la forza con la quale nel disegno rende ogni dettaglio tanto da farmi affermare che è riuscito a fare anche di una ghianda un’opera d’arte.  Della parte per così dire “tecnico-scientifica” dopo uno studio abbastanza accurato, ho solo un immenso rispetto. Ammiro il suo impegno e la sua voglia di sapere, anche se ho qualche dubbio sul fatto che abbia in realtà scoperto qualcosa di veramente nuovo. Da toscano sanguigno devo dire che non accetterei da altri queste considerazioni sul grande genio rinascimentale ma studiando i suoi scritti scientifici, matematici, idraulici, ottici, o anatomici, bisogna in tutta onestà dire che anche per quelli aspetti eclatanti relativi alla macchina volante o al sommergibile, Leonardo ha solo cercato di utilizzare le conoscenze dell’epoca per utilizzarle (spesso modificandole astutamente) a fini meramente commerciali. Il suo unico, vero inestimabile insegnamento rivolto alle generazioni successive  in campo scientifico è stato quello di osservare la natura, poiché solo scoprendo quali siano i suoi segreti l’umanità può realmente progredire. Fino a lui la ricerca aveva proceduto a tentoni, bloccata com’era da dogmi religiosi o stupide superstizioni, con lui un corpo umano non fu più una creazione divina ma una stupenda macchina il cui funzionamento poteva essere capito con la ricerca e lo studio ma soprattutto con l’attenta osservazione. Altra grande innovazione nel metodo scientifico che con lui divenne “moderno” fu la sperimentazione diretta per qualsiasi tipo di ricerca unita alla trascrizione attenta di ogni avvenimento ovviamente a beneficio dei posteri. Questo mi porta ad essere sicuro nelle mie affermazioni, basta leggere quello che egli scrive e osservare quello che disegna per capire che in realtà i suoi studi sembravano più tesi a arricchire le sue conoscenze più che a trasmettere chissà quali segreti. Ultima considerazione su un mito da sfatare, la sua scrittura speculare sbandierata come occulta e misteriosa in realtà è la maniera migliore di scrivere da mancino totale quale egli era più che un tentativo di nascondere ai concorrenti le sue scoperte (in realtà per la sua condizione di figlio illegittimo gli furono precluse le normali scuole a cui avrebbe potuto aspirare quale figlio di notaio, nelle quali gli insegnanti lo avrebbero senz’altro trasformato in destrorso anche a costo di punizioni pesanti). Sono disposto a sostenere confronti con chiunque circa il fatto che spesso Leonardo ha soltanto migliorato in ogni campo invenzioni già in uso anche in epoche molto precedenti alla sua e la riprova sta nel fatto che di lui a parte le opere su tavola ed in affresco, non ci rimangono altro che i suoi quaderni d’appunti. Bisogna avere anche il coraggio di ammettere che sebbene lui avesse offerto tutta la sua abilità al mondo, nessuno e sottolineo nessuno dei grandi di allora, gli commissionò niente altro che non fossero quadri, disegni e feste per gli ospiti di coloro che a turno lo hanno sovvenzionato. Anche durante le sue peregrinazioni a Venezia e in tutto il nord Italia dopo la partenza da Milano gli furono commissionate solo prospezioni e studi sulla maniera di intervenire sul territorio ma di suoi diretti interventi documentabili e osservabili non rimane traccia. Non ci dimentichiamo che abbiamo di lui anche i semplici contratti stipulati con le varie congregazioni religiose o con le varie signorie dell’epoca per la realizzazione di opere pittoriche, possiamo leggere i documenti delle questioni riguardanti la nascita fuori dal matrimonio, l’eredità, le accuse di sodomia  ma nemmeno un semplice annotazione di un qualsiasi pagamento per l’esecuzione di una delle sue geniali“invenzioni”, perché ?Oggi è utile per sfornare trasmissioni televisive pseudoscientifiche o bestseller di ampio respiro a beneficio di masse disattente, stuzzicare la curiosità sul fatto che egli avesse o meno costruito un paracadute o le ali per volare, o addirittura un sommergibile o uno scafandro, ma basta studiare le epoche precedenti per sapere che arcaici sommozzatori figurano già in bassorilievi sumeri, che aeroplani giocattolo sono stati trovati in tombe egizie, che i filosofi greci avevano già ampiamente studiato i meccanismi e gli ingranaggi per utilizzarli in macchine complesse come quella di Antikitera. Non mi soffermo nemmeno sulle tecniche di regimentazione delle acque raggiunte  in Mesopotamia almeno 5000 anni orsono, che superarono di gran lunga con i fatti le semplici tecniche proposte da Leonardo per la creazione di semplici canali navigabili. Oggi non esiste una e sottolineo una sola invenzione di Leonardo da Vinci che sia stata riconosciuta di sua propria mano e che abbia avuto una qualche minima importanza in quanto realizzata mentre lui era in vita o subito dopo, non esiste nulla che porti il suo nome in campo scientifico o militare se non a livello di curiosità. Sapere che liutai importanti dichiarano di aver ricostruito la famosa lira con la quale (pare) Leonardo vinse una sfida fra musici alla corte di Ludovico il Moro ha richiamato la mia attenzione, anche perché di questa lira non esiste traccia se non in due righe e mezza delle Vite del Vasari. Ho letto tutto il capitolo dedicato al Maestro nelle Vite e devo dire che di Leonardo ne esce un ritratto  poco edificante. Sebbene il Vasari lo descriva come un uomo di animo gentile e smanioso di sapere, infine ne salva appieno solo l’aspetto di pittore, definendolo per il resto persona che cominciava tante cose ma che non ne finiva mai una. La riprova sta nel fatto che Firenze non avrebbe spedito Leonardo a Milano se avesse ritenuto utile sfruttarlo per la grandezza della città più importante politicamente dell’Italia di allora. La posizione del Vasari è anche la mia: Leonardo è uno fra i più grandi pittori di tutti i tempi, ma per tutto il resto è da considerarsi niente più di uno splendido autodidatta. Ritornando alla lira in questione bisogna dire che anche nel campo della musica il nostro ha dato un contributo consistente ma più come musico improvvisatore che come suonatore o come liutaio, nei suoi appunti ci sono solo brevi accenni a strumenti musicali e tutti lontani concettualmente da lire o vielle. Si conoscono di lui anche melodie e il progetto solo accennato di una specie di grosso carillon, o meglio di uno strumento che avrebbe dovuto nelle sue intenzioni suonare da solo (fig. 3).

Divertente il carro tamburo, trainato da un uomo a piedi o in altro caso azionato da una manovella che grazie ad una serie di battenti attaccati a ruote ed ingranaggi suona un ritmo predefinito mentre si sposta (fig. 4).

Della lira in questione nessun disegno di Leonardo, a parte quella citazione del Vasari che a ben vedere riesce più ad infittire il mistero che a dare indizi per agevolarne la ricostruzione. Intanto bisogna sottolineare che il Vasari riporta la notizia dopo circa settanta anni dallo svolgersi dei fatti e questo non è un particolare di secondaria importanza poiché è universalmente riconosciuto che a distanza di mezzo secolo anche un testimone oculare potrebbe incorrere in errori fondamentali. Le parole testuali della prima stesura delle Vite è la seguente: “Lionardo portò quello strumento ch’egli aveva di sua mano fabricato d’argento gran parte, in forma di teschio di cavallo, cosa bizzarra e nuova, acciò che l’armonia fosse con maggior tuba e più sonora di voce. Laonde superò tutti i musici che quivi erano concorsi a sonare……” Salta agli occhi che da questa descrizione è impensabile pensare di ricrearne una copia, nella migliore delle ipotesi si può parlare di interpretazione di una lira da braccio a forma di teschio di cavallo. L’episodio del trasferimento di Leonardo a Milano è riportato in due altre pubblicazioni: nell’Anonimo Gaddiano (XVI°) e nell’Anonimo Magliabechiano (XVI°) ma in nessuno dei due viene specificata la forma particolare della lira, anche se si accredita importanza alla gara musicale. A complicare le cose interviene il fatto che questa lira non figura più in nessun contesto, in nessun inventario o raccolta. Sembra che Leonardo la lasciasse in dono al Duca di Milano ma costui sebbene amasse circondarsi di cultura era in realtà un emerito ignorante e sfruttò l’artista più per le superflue feste e manifestazioni di corte che per quelle che erano veramente le sue capacità. In ogni caso la particolarità della lira non esiste se non nell’accenno per sentito dire del Vasari. Allora come muoversi? Oggi di Leonardo si hanno notizie e riferimenti di ogni posto dove è stato, anche per poco, si sanno di lui cose che non sappiamo nemmeno di artisti altrimenti famosi e vissuti in anni assai più vicini a noi. Come ricostruire un oggetto che non esiste senza incorrere in errori o deliri di onnipotenza? Prima ancora di cominciare a lavorare mi sono anche chiesto se fosse giusto cercare di ricostruire la lira di Leonardo ma questo dubbio mi è subito sparito dal momento che con la sperimentazione di fatto avrei agito proprio come egli stesso avrebbe fatto, procedendo così con la stessa metodologia di questo grande artista. Non essendo dato sapere se le cose riportate dal Vasari abbiano un qualsiasi fondo di verità o siano solo voci ingigantite e deformate di un fatto avvenuto in un altro paese oltre mezzo secolo prima, risulta difficile prendere per valida in assoluto la descrizione della lira così come essa appare. L’argento che in gran parte la componeva era massiccio o era solo in foglia? E la frase ”cosa strana e bizzarra”si riferiva alla forma a teschio di cavallo o alla cassa d’argento? Oppure ad entrambe le caratteristiche? Leonardo non era un liutaio e il Moro era culturalmente a zero (anche se voleva dimostrare il contrario) e poi, la gara fu vinta perché la lira era solo più potente come suono o era superiore alle altre anche come qualità di emissione del suono? E soprattutto: Chi decise la vittoria dell’artista vinciano?  A questa domanda la risposta esiste, ovviamente il Moro! Ed allora come mai una volta che lo strumento gli fu regalato e Leonardo se ne fu andato da Milano per l’arrivo dei francesi di questo strumento si è persa ogni traccia? Perché musici e personaggi importanti di allora non hanno tenuto di conto di uno strumento di così grandi capacità sonore ed artistiche? Nel campo della liuteria una innovazione valida non viene dispersa né tantomeno nascosta anzi, una innovazione viene sempre ripresa ed utilizzata da altri liutai fino a che non diventa patrimonio comune. Leggendo qua e là su pubblicazioni specializzate viene quasi sempre ricordato (in maniera assolutamente erronea) che su una pagina del codice Ashburnham 2037 figura una lira a forma di teschio. Questo disegno sarebbe la “prova” dell’arte di liutaio e di musico di Leonardo. Io stesso ho potuto osservare tale disegno in scala 1:1 e devo dire che la fantasia fa spesso brutti scherzi. Sulle due paginette di dimensioni minime 15x20 circa figurano tre disegni sommari senza alcuna didascalia ma ben definiti. Il primo a sinistra rappresenta una specie di barattolo di latta (fig.n°1) con una ruota dentata ed una manovella che girando avrebbe creato l’effetto di un napoletanissimo trikketrakke. L’altro disegno invece descrive un oggetto che richiama alla mente una arcaica caccavella o peggio uno di quegli oggetti che alle fiere vengono usati per fare il verso della gallina tramite una corda che scorre in una pelle di capretto avvolta su un cilindro che funziona da cassa di risonanza (fig. n°1a). Il terzo schizzo descrive assai chiaramente una testa fantastica, non un teschio, ma una testa completa della pelle (fig. n°1b),

con una serie di bargigli e baffi oltre ad un paio di corna ricurve che escono per un terzo della lunghezza totale sopra gli occhi della creatura, un cornetto rivolto all’ingiù figura sul naso della bestia. Tre o quattro corde sono tese fra i canini superiori tipici di un grosso carnivoro e i piroli conficcati nella parte inferiore della testa. Di un cranio di cavallo nemmeno l’ombra, di parti metalliche meno ancora. I disegni poi, per chi ha pratica dell’arte del disegno di Leonardo e della cura col quale usava descrivere anche una foglia di quercia, sono sicuramente schizzi destinati ai manovali per la costruzione di semplici strumenti per una rappresentazione di corte e destinati a produrre rumore più che a suonare. Molto più interessante ed utile alla trattazione è invece il disegno di uomo nudo (fig.n°2)

ripreso di schiena nell’atto apparente di tendere un arco che appare in un foglio di studio per l’adorazione dei Magi al Louvre. Ebbene ad una attenta analisi di un ingrandimento di questo schizzo, si nota che in origine, forse abbozzato a punta d’argento figurava un uomo nell’atto di suonare una lira da braccio. In un secondo tempo il maestro riprese la figura d’uomo con l’inchiostro rosso tralasciando lo strumento che evidentemente non era la parte che gli interessava. Sebbene con grande difficoltà grazie all’aiuto di una lente di ingrandimento si riesce ad apprezzare una forma assai indistinta di strumento musicale suonato ad arco L’importanza di questo schizzo va ricercata nel fatto che lo strumento appare assai lungo sebbene venisse suonato sulla spalla, tanto da costringere l’uomo a distendere tutto il braccio sinistro facendoci chiedere come potesse tastare le corde sulla tastiera. Questo aspetto di difficoltà reale nel raggiungere tutte le parti dello strumento necessarie al suo corretto uso, figura in molte opere di artisti contemporanei o successivi a Leonardo, in special modo sulle rappresentazioni di Apollo che suona la lira da braccio nella sfida con Marsia. In tutte le rappresentazioni, anche quelle più precise, rimane difficile capire come si potesse suonare al braccio o alla spalla uno strumento di tali dimensioni.Se ci si fanno le domande che sorgono spontanee e ci si affanna a trovare una risposta coerente ad esse non si arriva a niente. Ho deciso di seguire un altro procedimento e di costruire una lira da braccio a forma di teschio di cavallo, in legno, seguendo le mie conoscenze storiche e tecniche e cercando di immedesimarmi nel carattere eclettico di Leonardo. Leonardo era per antonomasia una persona che tendeva a stupire chi gli si trovava di fronte. Questa sua tendenza lo portò ad inimicarsi i potenti di Firenze i quali proprio in virtù del loro temperamento toscano erano tesi a rispettare chi faceva seguire alle parole i fatti ed a guardare storto di conseguenza colui che per carattere o per metodo di lavoro non era produttivo. Michelangelo, con la sua mole di lavoro eseguito effettivamente che ancor oggi stupisce chi cerca di quantificarla, era solito promettere molto ma anche dare molto e per questo riuscì a farsi perdonare alzate di testa che ad altri fra i quali lo stesso Leonardo sarebbero costate la vita. Lorenzo il Magnifico e tanto meno i gonfalonieri della Repubblica Fiorentina non erano tipi da tollerare ritardi o ripensamenti, figuriamoci poi se questi venivano da qualcuno che si era vantato pubblicamente di essere il più bravo a fare certi importanti lavori. Per questo motivo ritengo Leonardo si ritrovò a Milano ad inventare filastrocche, indovinelli, musichette, feste, ricette di cucina anziché a soprintendere come architetto alla difesa di Firenze o di Venezia. Addirittura sembra che il nostro artista per evitare di perdere i favori del Moro, quando inventava rebus e giochi di parole si premunisse di comunicare al proprio padrone anche la soluzione di questi, affinché il Duca facesse davanti alla sua corte la figura del letterato arguto. La morte stessa di questo artista che viene riportata come avvenuta in piena armonia col suo ultimo protettore (il re di Francia) in realtà è un esilio dorato passato ad ordinare migliaia di carte e progetti valorizzati da disegni bellissimi ma nella maggior parte dei casi assolutamente inutili ai fini pratici. Cominciamo col criticare un po’ la lira così come è stata ricostruita da uno dei numerosi maestri che ci si sono cimentati, assolutamente non per sminuirne il lavoro ma per sottolineare alcuni passaggi che secondo me sono un po’ forzati. Dunque, innanzitutto Leonardo era un mancino totale e quindi che l’accordatura della sua lira da braccio avrebbe dovuto essere invertita. Penso che chi l’ha ricostruita abbia preso in considerazione questo fatto non di secondaria importanza ma che abbia deciso di costruirne una per destri in piena libertà di giudizio. Altra considerazione, mi sembra dalle foto dei musicisti che suonano questa lira che essa sia suonata come una lira da gamba, ma in realtà le mie conoscenze mi dicono che Leonardo suonava la lira da braccio. Questo non cambia un gran ché ma aumenta la confusione. Terza considerazione, nella lira in questione durante l’uso, se ne apprezza solo il piano musicale e non il fondo, anzi se non si hanno termini di paragone guardandola dal davanti niente la distingue da una comune lira da braccio. E il teschio di cavallo? Guardandola dietro, una forma insolita da teschio(?) in argento si nota, ma scusate se sottolineo il fatto che essa è secondo il mio modesto parere veramente inaccettabile esteticamente. Leonardo, nei confronti del quale muovo critiche in campo tecnico, avrebbe senz’altro costruito qualcosa di bellissimo all’occhio dal momento che questo era insito nel suo stesso essere artista. Preferisco ragionare al contrario e costruire uno strumento in cui la caratteristica forma di un teschio di cavallo si apprezzi pubblicamente durante l’uso e che questa forma sia solo un filo conduttore non invasivo di una lira personalizzata ma pur sempre costruita secondo la tecnica di un maestro liutaio. I fori armonici situati in numero di tre subito sotto la tastiera e ornati da un rosone sono tipici secondo le mie conoscenze, di una usanza più tarda che si ritrova su certi liuti e chitarre ma che io non ho mai notato su lire da braccio. Alla fine del 1400, prova ne sono gli innumerevoli affreschi e dipinti sparsi in tutto il mondo la lira, la viella e la viola stavano ormai tendendo a trasformarsi negli strumenti che dalla seconda metà del 1500 sarebbero poi evoluti negli strumenti classici, quindi la forma che nelle ricostruzioni viene proposta per il piano musicale e per il cavigliere è troppo antiquata in rapporto col fondo così futuristico. Se invece la forma del teschio si lascia apprezzare sul piano estetico da qualsiasi osservatore si rientra più precisamente nelle caratteristiche leonardiane tese quasi sempre a stupire coloro che assistevano alle sue performance. Il cavigliere è lasciato all’estro ed alla fantasia del liutaio ed io lo proporrei a guisa del simbolo eseguito di mano del maestro come logo dell’Accademia Vinciana, ripreso poi da A. Duhrer. Devo ammettere da liutaio che la questione dell’argento mi sconvolge. Da una parte l’uso di tale metallo rientra nell’idea che mi sono fatto del carattere del maestro da Vinci che da buon sperimentatore eclettico avrebbe trovato senz’altro interessante provare a rivestire o addirittura fare la cassa in argento, da un’altra invece mi chiedo se non sia il caso di ammorbidire le scelte descritte per sentito dire dal Vasari limitandole ad una semplice rivestitura a foglia d’argento. Tale tecnica a portata di ogni buon artigiano permetterebbe di limitare suoni metallici da concerto rock per trasformarli in suoni sì potenti ma con una grossa componente di armonici in linea con l’epoca in cui Leonardo visse ed operò. L’argento massiccio poi, secondo quelle che sono le mie conoscenze non suona bene come il legno (ovviamente in uno strumento ad arco) e uno strumento musicale viene sempre costruito perché suoni il meglio possibile, quali armoniche potrebbe sviluppare un fondo di metallo massiccio? Torno a ripetere che secondo il mio modesto parere il fatto che il Duca di Milano abbia premiato Leonardo nella gara di musica con la lira (se è vero) non sia da considerarsi una accezione positiva dal momento che sono sicuro che il giudice non avesse le caratteristiche tecniche tali da poter giudicare con giusto metro. E’ per questo semplice motivo che lo strumento che ho costruito non ha niente a che vedere con le ricostruzioni precedenti. Primo, perché non credo ciecamente alle parole del Vasari circa la lira, secondo, perché il successo che Leonardo raccolse a Milano non ha lo stesso peso di quello che avrebbe dovuto ricevere (e non ricevette) a Firenze dove l’orecchio di Lorenzo non era certo quello del Moro; terzo perché sono convinto che Leonardo non sia mai stato un liutaio e di conseguenza senz’altro il suo fu (se fu eseguito come dice il Vasari) solo un lancio pubblicitario ben riuscito. Il vero dilemma che mi ha tenuto sveglio per alcune notti è stato invece il dubbio fra il costruire uno strumento che richiamasse la figura di un teschio di cavallo per intero, cioè comprendendo anche la mandibola o tralasciando questa parte anatomica limitarmi a seguire le linee dei soli cranio e mascella. Un lungo ed attento studio di quadri ed incisioni dell’epoca fra i quali figurano opere di J. Bosch,  A. Durer oltre ad altri artisti coevi, mi hanno lasciato intatto il dubbio poiché in molte loro opere figurano teschi di cavalli alcuni con mandibola altri senza. Così ho deciso di partire facendo una lira che rispettasse tutto il cranio di un cavallo mandibola compresa riservandomi in futuro di sperimentarne anche una senza. Intanto come prima scelta, ho deciso di usare legni toscani per tutta la cassa, il manico, la tastiera. Solo per il piano musicale ho usato l’abete rosso di risonanza della val di Fiemme poiché le sue qualità sonore assai rilevanti potranno aumentare la potenza di emissione. Il fondo in un sol pezzo, è, con le fasce in acero campestre toscano. Le controfasce e gli zocchetti interni sono in salice toscano di color rosso. Il manico dello stesso albero del fondo e delle fasce porta una tastiera in pero toscano, in acero toscano cruscato è anche il ponticello, i bischeri ed il bottone in sorbo toscano, il capotasto in argento. Per quanto riguarda la tanto contestata parte in argento massiccio essa non esiste nella mia lira. In polvere d’argento sono eseguiti semplici ritocchi che ricordano (pur se molto stilizzato) il teschio di un cavallo, creando l’effetto di cavità orbitali intorno ai fori di risonanza ed alle cavità nasali. La visione stilizzata dei molari orna le fasce laterali e il design di una mandibola vista dal sotto e la parte posteriore dell’occipite col caratteristico forame seguono le curve del fondo. Le corde possono essere sette in tutto, cinque tastate più due di bordone secondo una accordatura tipica delle lire del 500, anche se in realtà per l’epoca in cui Leonardo andò a Milano non esistano immagini sicure di strumenti con sette corde. Nello studiolo di Gubbio del duca di Montefeltro figura l’unico strumento ben definito e sicuro, con quattro corde tastate ed un bordone. Uno dei rompicapi quando si progetta e si costruisce uno strumento musicale che in realtà non esiste consiste nel decidere i rapporti fra la lunghezza totale dell’oggetto e le sue singole componenti fra le quali la lunghezza del manico e della relativa tastiera oltre alla lunghezza della cassa. Oltretutto bisogna anche decidere dove deve essere inserito il ponticello, posizione indispensabile per ottenere la conseguente lunghezza delle corde vibranti. Un attento esame di una serie quasi infinita di lire da braccio stampate su libri e dipinte su tavola, tela o affresco, oltre che descritte su testi tecnici di epoca coeva o successiva, hanno creato in realtà una grande confusione. Non sappiamo con precisione se i pittori e gli incisori (fra i quali anche il celebre Raffaello) abbiano riportato fedelmente le caratteristiche degli strumenti che vedevano suonare dai musici ai loro tempi o se abbiano sacrificato alla loro arte alcuni particolari per noi assolutamente importanti. Infatti in ogni rappresentazione si osserva uno strumento diverso da ogni altro con una variabilità infinita soprattutto per quanto riguarda il posizionamento del ponticello che addirittura nel caso di incisioni dei primi del 1500 non figura. In un affresco di Raffaello (Il Parnaso) la lira suonata da Apollo ha il ponticello situato fra i fori armonici e la cordiera, in altre opere (tutte documentabili) si intravede a diverse distanze fra i fori armonici e la tastiera. Quest’ultima parte della lira assai importante per la formulazione della armonia figura sempre più corta in rapporto al corpo dello strumento di quanto non si ritrovi poi nelle viole e nelle lire dalla fine del 1500 fino alla metà del 1600, anzi,  molto spesso all’occhio esperto di un liutaio risulta evidente che molti strumenti così come vengono rappresentati dai pittori risulterebbero nella realtà delle cose insuonabili per un musicista. Ho deciso quindi di creare una lira il più possibile suonabile anche da un musicista che non abbia mani enormi. La tavola dove figurano le misure di lire da braccio e da gamba mostrano strumenti che oggi pochissimi potrebbero utilizzare, la più piccola di queste misura 44,0cm di cassa armonica, la seconda costruita da Giovanni d’Andrea a Venezia nel 1511 addirittura ha una cassa di 51,5cm, con una lunghezza totale di oltre 82,0cm. Oggi i musicisti hanno serie difficoltà anche con viole che misurano 42,0cm di cassa (misura canonica per le viole pretesa assolutamente da molti direttori fra i quali Arturo Toscanini) e richiedono ai liutai viole che oscillano fra i 39,0cm e i 41,5cm di cassa. La mia lira ha una cassa di quasi 42,0cm ed una lunghezza totale di appena 68,0cm. Questo dovrebbe renderla usabile da un numero più grande di musicisti.

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