CONTRADDIZIONI EVIDENTI NEI DOGMI DELLA
LIUTERIA MODERNA

                             

Nella mia personalissima interpretazione della ricerca alchemica, quella che viene chiamata a volte pietra filosofale altre volte elisir o oro dei filosofi, non è altro che la realizzazione in ognuno di noi del sogno della propria vita professionale ed interiore. Nel caso di un liutaio ovviamente questo traguardo è costituito dalla costruzione dello strumento musicale perfetto. Và da sé che col raggiungimento di un tale risultato chiunque ha anche operato su sé stesso un cambiamento in senso positivo di completamento spirituale che lo eleva dalla posizione di partenza (allievo) ad un rango iniziatico più elevato (maestro). Nella quattordicesima pagina del “Mutus Liber” che in tutto ne conta quindici, appare una frase che se letta da un persona che vive distrattamente può sembrare rivolta ad un deficiente, ma che ad una analisi più attenta è uno dei pilastri su cui si basa lo sviluppo della conoscenza di ognuno di noi. Il Mutus liber di Altus che è uno sconosciuto alchimista forse tardo rinascimentale (anche se il libro apparve alla fine del 600), intende descrivere il completamento della grande opera alchemica attraverso quindici tavole disegnate e con rare e scarne didascalie. Nella penultima tavola appare una frase che dice: Ora Lege Lege Lege Relege Labora et Invenies. La traduzione italiana di questa frase latina è: Prega, leggi, leggi, leggi, rileggi, lavora e troverai. Come artigiano sono sempre stato spinto alla lettura dei testi antichi e moderni riguardanti la mia professione e devo dire in tutta onestà che la lettura di testi specifici, scritti da addetti ai lavori non è mai semplice né immediata. Questo perché chi scrive testi tecnici dà spesso per scontato che chi legge debba avere le chiavi di comprensione giuste, ma non pensa o non vuole pensare che col passare del tempo quello che era norma non lo sia più di modo che spesso dopo molti anni o in un altro contesto sociale chi ha il testo potrebbe non avere più le chiavi giuste per capirlo. Se, come nel mio caso il termine “Ora” (prega) viene inteso come “credi”, cioè “credi in quello che fai”, allora la sequenza di leggi e rileggi assume un significato chiaro, solo con una attenta lettura e rilettura di un testo si possono capire tutte le sfumature che l’autore voleva trasmettere e solo col lavoro e la fiducia nelle proprie capacità si possono raggiungere risultati apprezzabili. Perché tutta questa lunga introduzione anche abbastanza complicata per parlare di liuteria? La risposta è semplice: In testi ritenuti basilari nel lavoro del liutaio, la maggior parte delle persone trova solo le cose che vuole trovare e tende ad ignorarne altre che spesso sono assai più importanti, ma che sono purtroppo condannate a cadere nell’oblio.La frase in questione contiene in sé tutto l’insegnamento che un maestro in qualsiasi disciplina può dare all’allievo, poiché se è vero che un buon maestro vale più di un cattivo maestro, è anche vero che un buon maestro niente può se deve insegnare ad un allievo distratto, svogliato o peggio incapace. Dare quel consiglio sul come procedere equivale a dire questo è il mio sapere, se ne vuoi essere partecipe devi crederci, leggerlo infinite volte più una per capirlo, poi devi lavorare ed impegnarti e solo allora troverai la tua via alla conoscenza.                               

I SEGRETI DI STRADIVARI

Fernando Sacconi scrisse questo libro per trasmettere alle generazioni future tutto quello che nella sua lunga e fortunata vita di liutaio aveva appreso del lavoro del grande cremonese. Io ho letto e riletto il testo, trovando ogni volta una sfumatura diversa che arricchisce, ma che contemporaneamente apre altre porte. Al pari di un antico alchimista Sacconi dice e non dice, afferma di voler spiegare ma tralascia particolari importanti nella comprensione del testo e così via. In passato molte scuole di liuteria e quindi molti liutai hanno preso il libro del Sacconi come la Bibbia della liuteria e ad esso si sono scrupolosamente attenuti. Non sempre devo dire ottenendo risultati eccezionali, di contro alcune indicazioni abbastanza importanti vengono assolutamente ignorate. Il perché di questo è difficilmente comprensibile, anche se è appurato che spesso alcune tecniche di lavoro non siano facilmente trascrivibili, di solito  è solo vedendole fare che si può capire veramente come certe cose vanno fatte. Nel testo del Sacconi ho trovato alcuni buchi neri che non riesco a colmare, primo fra tutti quello dell’utilizzo della sezione aurea da parte dei liutai classici nella costruzione della cassa degli strumenti. Nelle tavole l’autore riporta corredati da disegni i segmenti in rapporto aureo fra loro. Quello che è scritto è vero, ma personalmente mi sarei aspettato una precisione maggiore da uno studio matematico. Il numero aureo è un numero particolare, irrazionale ed infinito, quindi difficilmente inquadrabile in contesti finiti. In natura esistono forme riconducibili ad una serie di rapporti aurei, ma la loro comprensione è immediata anche agli occhi del non erudito mentre in questo contesto il rapporto aureo sottolineato dal Sacconi riguarda segmenti secondari della forma interna cremonese correlati a misure dello strumento finito. Personalmente mi sarei aspettato da uno studio teso a rilevare l’uso del rapporto aureo una rivelazione assai più eclatante come per esempio la sua esistenza nel rapporto fra volumi superiore ed inferiore della cassa o fra spessori e distanze importanti come il diapason o il posizionamento delle effe. Invece il rapporto aureo è segnalato fra porzioni di segmenti, per cui è inutile osservare che così facendo si potrebbe trovare alcuni rapporti aurei anche in un uovo al padellino. Un altro autore tale Luigi Lanaro, nel suo libro “La liuteria classica ed il liutaio moderno” si spinge ancora oltre riportando la costruzione geometrica secondo le regole auree del violino con una serie di curve fatte a compasso a dir poco complicata, che potrebbe anche avere un valore scientifico se i liutai classici avessero fatto tutti i violini uguali. Siccome la storia insegna che la grandezza dei liutai antichi risiede proprio nella ricerca e nella ricchezza e diversità di forme e proporzioni ecco che tutto il castello teso a trovare proporzioni auree crolla miseramente.
Osservare violini attentamente nel corso degli anni porta l’artigiano a sviluppare un occhio critico che unito al suo estro artistico lo porta necessariamente a ricercare l’armonia delle forme ma da qui ad misurare il numero aureo che per conoscenza è 1,6180339887………. negli strumenti musicali è ben altra cosa. Regole matematiche atte a misurare fenomeni fisici sono abbastanza precisi nella teoria delle onde sonore, ma ad uno studio attento neanche tanto approfondito, come per esempio il calcolo delle posizioni delle note su una corda vibrante, ci si rende conto che in campo musicale la parola “precisione assoluta”non esiste. In realtà in campo liutario tutte le misure sono approssimate. Tutto questo non vuol dire però che l’armonia delle forme non implichi anche una certa armonia del suono che esse producono.  Studiando il passato ci si rende conto che ogni strumento è creato per poter essere suonato da mano umana e su quella mano o tutt’al più ad una sua appendice (archetto o bacchetta per percuotere) tutto lo strumento si rifà. Necessariamente un buon strumento viene progettato per essere il più funzionale possibile ed una volta definiti i passaggi obbligati (tonalità, tipo, funzione, misure) la mente del creatore comincia a fare le prove per ottenere il massimo della qualità del suono. Penso che sia possibile che un ottimo artigiano cerchi sempre, anche inconsciamente una forma il più armoniosa possibile, ma al termine armonia aggiungerei quello assai più definito di equilibrio. Sul risultato finale molto influisce il gusto del liutaio, sulla resa invece sonora  influisce il carattere di chi lo suona, la musica che viene eseguita soprattutto del contesto storico in cui ci troviamo. Sono sicuro che uno strumento di Stradivari modificato per un solista moderno scandalizzerebbe il musicista che lo usava con la montatura barocca originale nel 1700 alla corte del Granduca di Toscana.

IL LEGNO

Preferirei non dilungarmi sulla questione dei legni usati il liuteria o meglio alle indicazioni che le scuole attuali più affermate danno quasi come un imperativo categorico. Nei quaderni di liuteria ufficiali della scuola moderna di Cremona si afferma che  il violino deve essere costruito in una sola maniera e cioè usando i legni della “tradizione” Acero di monte e abete rosso maschio del Trentino secondo le forme cremonesi e i giri annuali devono obbligatoriamente essere perpendicolari al piano o al fondo. A smontare la teoria assurda circa l’uso obbligatorio dei legni acero di monte a marezzatura regolare e profonda per la cassa ed il manico e l’abete rosso a giri annuali stretti e regolari per il piano non è necessario il mio punto di vista, basta guardare con quali legni sono costruiti una grande quantità di strumenti del periodo classico. Stradivari ha costruito una viola col fondo in pioppo nero in due pezzi, Gasparo da Salò ha costruito contrabbassi con la cassa in pero, violini in ciliegio. Nel museo del comune di Cremona figura uno Stradivari in acero campestre. Il tanto sbandierato Montagnana ha costruito violoncelli col piano musicale in pino! Il pino oggi viene usato solo per i pancali da trasporto merci e non viene neanche ritirato perché costerebbe troppo. I Guarneri hanno tramandato ai posteri dei violoncelli capolavoro con la cassa in salice e pioppo. Vogliamo parlare della perfezione dei giri annuali? Parliamone! Guarneri del Gesù ha costruito un violino con un nodo assai evidente sul piano musicale e non sfigura accanto al “cremonese”. Stradivari ha costruito un violino con tre nodi sul fondo in acero campestre (vedi catalogo mostra di Cremona). Autori toscani hanno costruito violoncelli con la cassa e col piano musicale in cipresso (vedi Museo dell’accademia). Il violoncello di Stradivari del quintetto in mostra a Firenze pur bellissimo, mostra una macchia del legno sul fondo che il sommo non ha ritenuto di eliminare neanche dal cello del Granduca!. Vogliamo parlare delle forme cremonesi? Parliamone. Il cannone di Paganini, forse il violino più costoso di tutti i tempi è un Guarneri del Gesù, la sua testa è fatta in maniera così maldestra ed approssimativa che qualsiasi allievo della scuola di Cremona si presentasse ad un esame con essa verrebbe messo alla porta neanche molto cortesemente. Vogliamo parlare dei giri annuali? Parliamone. Lo stesso Sacconi nel libro citato descrive con ricchezza di particolari gli accorgimenti che il maestro usava nel definire gli spessori qualora i giri annuali del piano o del fondo non si presentassero perpendicolari. Allora?    Potrei continuare all’infinito ma se non si vuol vedere la realtà perché si preferisce nascondere la testa sotto la sabbia è inutile insistere e si continuerà a fare concorsi dove chi si allontana dalle regole “ufficiali” non verrà mai neanche ammesso anche se in realtà segue più strettamente i dettami classici della liuteria di quelli che vengono insegnati oggi.

LA VERNICE

E’ ormai scientificamente dimostrato che l’unico strumento il più possibile intatto e soprattutto originale del maestro Stradivari è la viola tenore conservata in maniera criminale in atmosfera controllata al museo dell’Accademia di Firenze. Studi effettuati poco prima di calarla nel sarcofago dove, inutile, fa mostra di sé di fronte a frotte di visitatori a dir poco distratti, hanno dimostrato che a parte alcuni ritocchi eseguiti per coprire il restauro effettuato sulla galleria del tarlo che l’aveva attaccata, la viola tenore è quasi come uscì dalle mani del suo creatore. Le ragioni di ciò sono da ricercare nel fatto che il ruolo di tale strumento ha perso valore nel tempo e la sua montatura barocca non poteva essere sostituita dalla moderna poiché avrebbe costretto il musicista ad avere delle mani enormi per poterla suonare agevolmente. Grazie a queste sue caratteristiche la viola è sfuggita al furto ed alla modifica cosicché possiamo osservarla come era in origine (sembra che sia originale anche il ponticello). L’hanno pubblicata, copiata, sbandierata portata a paragone, ma mai nessuno ha scritto un testo serio sulla sua vernice. Abbiamo a disposizione l’unico strumento del maestro intonso e per parlare del segreto della vernice di Stradivari non viene mai nominato. Non voglio entrare in merito della enorme quantità di falsi ignobili che esistono nel mondo, ma anche gli strumenti riconosciuti originali sono stati tutti e sottolineo tutti  non solo modificati nel corso dei secoli, ma riverniciati. A volte ad integrazione di parti perdute, ma spesso totalmente e in più riprese con strati e strati di vernici diverse, addirittura liutai disonesti hanno grattato la vernice originale dagli strumenti per stenderla previo scioglimento in alcol su strumenti falsificati. Ritengo che a parte pochissimi casi sia ormai indistinguibile la superstite vernice originale dalle riprese successive. Ebbene per tornare all’iniziale formula con la quale abbiamo aperto questo articolo “Ora, lege, lege…..” tutti hanno letto, riletto, scritto, ma nessuno ha notato che in quella vernice non c’è colore aggiunto. Non solo, lo strato di vernice è assai esiguo. Osservando gli strumenti che figurano nel catalogo della mostra Stradivari fatta a Cremona negli anni 80 salta all’occhio che a parte la viola tenore tutti gli altri strumenti sono stati riverniciati in più occasioni. Mi chiedo allora che senso ha parlare del segreto della vernice di Stradivari se non si parte dalla viola tenore di Firenze? Perché allora la richiesta del mercato è orientata prevalentemente verso la vernice rossa o quanto meno colorata? Lapo Casini che ha pubblicato una trattazione sulla vernice classica diceva : Si voglian rossi e vengono gialli. La sera si attaccano al filo rossi e la mattina si ritrovan gialli. Io mi chiedo come mai chi compra non usa il cervello! Da dove nasce l’idea che i classici fossero rossi? O meglio perché si è affermata l’idea che il rosso trasparente sia il colore giusto per un violino? Seguendo l’indicazione iniziale “Ora, lege, lege……” sono andato a vedere tutti i dipinti ad olio o in affresco dal 500 a tutto il 700 dove venivano raffigurati strumenti musicali. Chiunque è pratico d’arte sa che venivano raffigurati dai pittori strumenti musicali dell’epoca a mò di natura morta. L’iniziatore fu il Caravaggio, ma strumenti musicali appaiono in dipinti ed affreschi sin dalla notte dei tempi. Un grande pittore di strumenti musicali fu Evaristo Baschenis che visse nel 600. Ebbene guardando i quadri studiati in tutte e sottolineo tutte le raffigurazioni di strumenti, questi pur con la patina ed il nero fumo di cui sono ricoperti appaiono inequivocabilmente ed assolutamente color legno. Non esiste uno strumento ad arco di color rosso in nessuna raffigurazione d’epoca. Allora pur rispettando le scuole che prevedono un colore rosso brillante per i loro strumenti, perché uno deve sentirsi dire: Bello, un po’ chiarino, io lo preferisco più scuro! Lo direbbe anche ad Antonio Stradivari qualora gli si presentasse con la viola tenore? Che senso ha far uscire dalla bottega strumenti che hanno lo stesso aspetto che dovrebbero avere dopo cento anni dalla loro fabbricazione? Non viene a nessuno in mente che il color cannella del nostro Sacconi è il colore naturale del legno dopo trecento anni che vede la luce? Perché ostinarsi a ricoprire gli strumenti strato su strato con colori gialli e rossi ben sapendo che i colori vegetali sebbene trasparenti non resistono alla luce più di un anno (pur se stabilizzati) e quelli minerali sono eterni ma opachi? Perché non prendere in considerazione la possibilità che le vernici classiche portassero con sé solo il colore naturale delle resine usate le quali ad ossidazione finita hanno raggiunto un così bel risultato? Perché un contrabbassista deve avere lo strumento scuro come se avesse trecento anni e trecento mani di vernici diverse anche se è appena uscito dalle mani del liutaio? Mistero della mente umana.

LA MONTATURA

Quando ho costruito il mio primo violoncello (ormai qualche decennio fa) sono rimasto colpito dal costo della tastiera in ebano. Mi sembrava che il prezzo richiesto fosse troppo esoso e assolutamente ingiustificato. L’ebano è un legno duro e pesante (non galleggia) che proviene da un albero della stessa famiglia del diospero ed ovviamente esiste in varie qualità. La prima scelta, cioè quella color nero intenso ed a grana fine ormai è un ricordo del secolo scorso, tanto che le tastiere dei violini di fabbrica dei primi del ventesimo secolo sono di gran lunga più belle di quelle costosissime di oggi. Nasce sotto specie diverse in tutta la fascia equatoriale dall’Africa alla Cambogia ed è ormai in via di estinzione. Inspiegabilmente il mondo ha deciso che le tastiere devono essere in ebano e gli sciacalli del commercio stanno tranquillamente distruggendo le foreste per soddisfare questa fame di ebano alla faccia dei buoni propositi di chi vuol preservare la natura. Stavo dicendo al commerciante che il prezzo della tastiera del mio cello mi sembrava troppo alto e lui mi disse col ghigno di chi sa che ha il coltello dalla parte del manico: Lo faccia di un altro legno e poi lo colori! Sottacendo il resto della frase che avrebbe pressappoco suonato così: E poi vendilo se ti riesce! Mentre pensavo al da fare mi ritornavano in mente i consigli del mio maestro che mi spingevano a costruire strumenti leggeri e maneggevoli. Vede aggiunse il venditore, le tastiere devono essere in ebano perché altrimenti si consumano e vanno cambiate! Non mi convinceva ma comprai la tastiera e la applicai allo strumento. Nel frattempo sempre secondo la massima: Ora, lege, lege….. mi tornò alla mente che avevo letto nel libro del Sacconi alcuni consigli circa la montatura e la messa a punto. Ebbene in due occasioni diverse il Sacconi scrive (testuali parole) che Stradivari usava per le sue tastiere legni leggeri come il pioppo o il salice che tutt’al più usava lastronare con un foglio di legno più duro per evitare la consunzione. Questo, udite udite, non per un suo vezzo particolare, ma per una ragione tecnica specifica e cioè evitare che lo strumento facesse la sordina e non fosse libero di vibrare in tutte le sue parti. Allora io mi chiedo per quale motivo si debbano continuare a distruggere le foreste nella convinzione di creare degli strumenti migliori se i maestri del passato non lo facevano. Ma soprattutto la domanda che sorge spontanea è: come mai il libro del Sacconi ha rappresentato un riferimento su tutta una serie di problematiche della liuteria tanto da essere diventato un libro cult e nessuno, e sottolineo nessuno prende in considerazione la questione delle tastiere? Personalmente ho costruito strumenti con tastiere in ciliegio o in acero, e sono disposto a scommettere con chicchessia che sono migliori di quelle in ebano, lo strumento risulta più reattivo all’arco e suona più libero. Provare per credere. In una cosa il commerciante però aveva ragione, la credenza che la tastiera debba essere solo in ebano è così radicata che un contrabbassista che aveva comprato uno strumento pessimo pagandolo uno sproposito, mi disse con convinzione: Si è vero mi hanno fregato, lo strumento non vale la cifra che l’ho pagato però la tastiera è in ebano! Non penso che durante la mia breve esistenza riuscirò mai a vedere una umanità che non segue come un burattino quello che viene spacciato per essere la verità, ma penso che un tentativo di insegnare a qualcuno ad usare il proprio cervello in maniera autonoma debba essere fatto. Mi accontenterei anche di vedere nei musicisti nascere l’interesse per provare senza preconcetti un ritorno alle origini della liuteria ed è per questo che a chi mi chiede chiarimenti su scritti, pareri, pubblicazioni, la mia risposta è sempre la stessa: Ora, Lege, Lege, Lege, Relege, Labora et Invenies!

P.S. Adesso mi fermo nella trattazione perché ce n’è già abbastanza per farmi molti nemici. Ma d’altronde come disse il poeta : Se un uomo non è disposto ad affrontare qualche rischio per le proprie opinioni, o le sue opinioni non valgono niente o non vale niente lui.

 

                                       
Fabio Chiari liutaio

Back Back